Firenze – La crisi non ferma la “febbre da gioco”. Anzi sembra che l’incertezza per il futuro aumenti la voglia di tentare la sorte, di cercare il colpo di fortuna che risolva d’un botto i problemi pratici del quotidiano.
Secondo l’Istat nel 2010 il 65,35% delle famiglie ha comprato meno cibo e il 13,6% ha diminuito anche la qualità mentre hanno speso sempre di più per il gioco: dai 14,3 miliardi di euro del 2000, ai 24,8 del 2004, ai 47,5 del 2008, ai 79,9 miliardi del 2011. E per il 2012 si prevede una spesa di circa 130 miliardi.
I numeri del fenomeno sono stati analizzati stamani a Firenze nel corso del seminario rivolto alle polizie municipali, “Per un gioco legale e responsabile: aspetti sociali e ruolo della polizia” che si è tenuto nella Sala Pegaso di Palazzo Strozzi Sacrati, promosso dalla Sipl, Scuola interregionale di polizia locale (Emilia Romagna, Liguria, Toscana), in collaborazione con Forum italiano per la sicurezza urbana e Avviso Pubblico (Enti locali e Regioni per la formazione civile e contro le mafie).
Accanto a chi cerca il colpo di fortuna in tabaccheria, una volta a settimana, aumentano anche coloro che del gioco e soprattutto di quello d’azzardo diventano schiavi. Un mercato florido che sta attirando gli interessi della criminalità organizzata e delle mafie.
Secondo i dati del Rapporto Eurispes 2009, il gioco d’azzardo coinvolge in Italia fino al 70-80% della popolazione adulta (circa 30 milioni di persone). Nel 2011 la somma maggiore è stata giocata negli apparecchi (slot machine e videlottery), che hanno raccolto il 56,3% del fatturato totale; seguono i gratta e vinci (12,7%), il lotto (8,5%), le scommesse sportive (4,9%), il superenalotto (3%), poi bingo e scommesse ippiche.
Aumenta il numero dei toscani dipendenti dal gioco in modo patologico. Si stima siano tra lo 0,8 e l’1,5% della popolazione compresa tra il 15 e i 64 anni (circa 20.000 persone). Nel 2010, le persone che in Toscana si sono rivolte ai servizi per essere curate sono stati circa 500.
Una fotografia del giocatore l’ha delineata Matteo Iori, presidente dell’associazione onlus Centro sociale Papa Giovanni XXIII di Reggio Emilia presente all’incontro: a giocare più assiduamente sono le persone più fragili, con titolo di studio più basso: l’80,3% di chi ha la licenza media, contro il 70,4% di chi ha il diploma o il 61% dei laureati; e anche chi ha minori garanzie e tutele lavorative: il 70,8% di chi ha un lavoro e tempo indeterminato, contro l’80,3% dei lavoratori saltuari o l’86,7% di chi è in cassa integrazione.
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